Il cranio del brigante Giuseppe Villella resterà a Torino, al Museo Cesare Lombroso, e non tornerà a Motta Santa Lucia. Lo ha deciso la corte d’Appello di Catanzaro, rovesciando la sentenza di primo grado del 2012. La querelle giudiziaria, durata cinque anni, ha visto opposti l’Università di Torino e il Comune di Motta Santa Lucia. Il comune calabrese – paese natale del brigante dell’Ottocento – chiedeva la restituzione del cranio, sul quale Cesare Lombroso volle incardinare la sua teoria dell’Atavismo, secondo la quale esisterebbero individui nei quali lo sviluppo si arresta a uno stadio anteriore rispetto allo sviluppo della specie umana.
Il famoso brigante, però, secondo i documenti dell’epoca era praticamente un ladro di ricotte e capretti. Lombroso, nell’autopsia del 1864, osservò “un cervelletto a tre lobi e non due” e una “fossetta occipitale mediana”, e questo lo portò a concludere che si trattava di anomalie riscontrabili in “razze inferiori” e, pertanto, spiegavano una predisposizione biologica a comportamenti criminali. Teorie quelle di Lombroso assolutamente smentite, prive di ogni fondamento scientifico, ma che ancora nel XXI secolo fanno discutere.