Associazione mafiosa, favoreggiamento nei confronti del boss latitante Marcello Pesce arrestato dalla Polizia l’1 dicembre 2016, traffico e cessione di sostanze stupefacenti ed intestazione fittizia di beni. Sono le accuse a carico delle 19 persone nei confronti delle quali la Polizia di Reggio Calabria ha eseguito altrettante ordinanze di custodia cautelare (dodici in carcere, sei ai domiciliari e una con obbligo di presentazione alla pg) su ordine della Dda di Reggio Calabria. Si tratta di quelli che sono ritenuti elementi di vertice, affiliati e prestanome della cosca Pesce di Rosarno. Per lo più di uomini di fiducia del boss, parte della sua rete di protezione e di comunicazione; grazie a loro, secondo gli inquirenti, il latitante riusciva ad amministrare le risorse finanziarie incamerate dalla cosca, a gestire l’attività di trasporto merci su gomma, a curare i rapporti con le altre consorterie, intervenendo, per risolvere alcune controversie sorte all’interno della propria compagine criminale o con altre organizzazioni della ‘ndrangheta.
L’operazione è la prosecuzione dell’inchiesta “Recherche”, nell’ambito della quale, il 4 aprile scorso, la Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato avevano fermato 11 soggetti affiliati e prestanome alla cosca Pesce e sequestrato beni e società operanti nel settore agroalimentare e dei trasporti di merci su gomma per conto terzi, per un valore di circa 10 milioni di euro